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La riforma Monti sulle farmacie: il giudice amministrativo scandaglia i punti critici

Silvia Stefania Cosmo
Silvia Stefania Cosmo
La riforma Monti sulle farmacie: il giudice amministrativo scandaglia i punti critici


Dopo la pronuncia n. 1858/2013  con la quale il Consiglio di Stato ha offerto una prima interpretazione dell’istituto della pianta organica statuendo che persiste il potere-dovere di pianificazione territoriale e che resta affidata alla competenza del Comune la formazione di uno “strumento pianificatorio che, sostanzialmente per finalità, contenuti, criteri ispiratori ed effetti corrisponde alla vecchia pianta organica”, è l’applicazione dell’art. 11 datane dal Comune di Udine che ha offerto al Giudice amministrativo l’occasione di  pronunciarsi più ampiamente sull’applicazione della predetta norma e sui supposti profili di illegittimità costituzionale.

Il supremo Collegio con la recente decisione n. 2990/2013 ha ribadito che la riforma non ha cambiato realmente il quadro normativo: il “numero chiuso” delle farmacie, resta invariato, pur se i criteri per la determinazione di tale numero sono stati modificati, e le farmacie “conservano il rapporto con le sedi ossia le zone originariamente loro assegnate” anche se non si  parla più di “sedi” ma di “zone” .

Si legge nella decisione che “Il legislatore del 2012 non ha espunto la programmazione delle farmacie, in particolare la pianificazione numerica e territoriale, essendosi limitato a variarne taluni parametri, a snellire le forme e ad assegnarne la competenza in via ordinaria ai comuni e non più alle regioni”.

Da ciò il Supremo Collegio fa derivare anche l’infondatezza delle questioni di legittimità costituzionale sollevate nei confronti dei commi 1, 2, 9 e 10 del citato art. 11 per violazione dei principi di solidarietà sociale (art. 2 Cost.), di uguaglianza sostanziale (art. 3), di tutela della salute quale diritto fondamentale alla qualità e dignità di vita (art. 32 Cost.), di funzionalità dell’attività economica all’Utilità sociale (art. 41), di trasparenza, razionalità, proporzionalità legittimo affidamento dell’azione amministrativa (art. 97).

Quanto al profilo di violazione del principio di ripartizione delle competenze legislative ed amministrative  concorrenti dello Stato e delle regioni in materia sanitaria (artt. 117 e 118 Cost.), il supremo collegio riconosce che l’organizzazione del servizio farmaceutico vada ricondotta al titolo della “tutela della salute” ed ascritta alla competenza concorrente Stato-Regioni.

L’art. 11 d.l. cit., cioè, è da considerarsi quale norma statale, contenente i “principi fondamentali” dell’ordinamento, ossia i criteri ed obiettivi, mentre  le norme regionali sono da valutarsi quali disposizioni di dettaglio dei predetti criteri.

In particolare, la specificità delle prescrizioni statali di per sé “non vale ad escludere il carattere di <<principio>>  della norma” (da intendersi l’art. 11 d.l.cit.) “qualora esse siano legate da un evidente rapporto di coessenzialità e necessaria integrazione” riscontrabile – prosegue la decisione – laddove “la specificità delle disposizioni è necessaria per esprimere la regola generale”.

Proprio la “coessenzialità” e la “necessaria integrazione” giustificano “ l’inclusione di norme di dettaglio nella normativa recata dall’art. 11 d.l. cit. di cui è chiaro il carattere di principio dell’ordinamento”.

Da qui la conseguenza dell’abrogazione delle norme regionali  in contrasto con  i principi fondamentali contenuti nell’art. 11. D.l. cit.

Il Collegio ritiene, inoltre, che non sia configurabile un’incompetenza dei comuni in tale materia proprio perché l’art 118 della Costituzione attribuisce loro  “le funzioni amministrative primarie”  ivi comprese quelle “conferite con legge statale o regionale”, come nel caso dell’art. 11 ove “l’attribuzione è stata conferita ai comuni appunto dalla legge statale di principio di cui al ripetuto art. 11 d.l. n. 1 del 2012”.

Sul punto, vale la pena di evidenziare che  la definitiva assegnazione della competenza ai comuni che, il Consiglio di Stato dà per scontata, ritenendo “che sono state soppresse le disposizioni che prevedevano la formazione e la revisione periodica delle piante organiche, a cura di un’autorità sovracomunale (Regione o Provincia)”, induce l’interprete ad avere qualche perplessità in merito.

La questione si pone soprattutto per quelle ipotesi in cui il Comune è titolare di una farmacia o potrebbe divenirlo in forza dell’esercizio del diritto di prelazione, dal momento che l’art. 11 pone i comuni nella imbarazzante condizione di tutori dell’interesse pubblico alla migliore distribuzione territoriale degli esercizi e di gestori del proprio interesse aziendale alla più conveniente collocazione della farmacie di cui sono titolari cioè in uno stridente conflitto di interesse.

Sul punto il Consiglio di Stato non si è pronunciato per la dirimente ragione che il comune di Udine non fosse  titolare di alcuna delle farmacie esistenti.

La problematica ha, invece, un’evidente importanza e resta aperta dal momento che il dubbio che si profili un conflitto di interessi del comune nell’ambito della pianificazione del servizio farmaceutico è questione che ha interessato il TAR per il Veneto.

Per il caso del comune di Treviso che, diversamente da quello di Udine è titolare di farmacia e socio minoritario della società di gestione, il TAR per il Veneto con l’ordinanza n. 713/2013 ha ritenuto non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 2 L. 475/68 e del comma 2 dell’art. 11 d.l. n. 1/2012.

Il  contrasto con la Costituzione è stato rilevato sia con riferimento all’art. 97  che impone l’imparzialità dell’Amministrazione, all’art. 118 perché “la possibilità che il comune gestisca farmacie all’atto dell’esercizio del potere regolatorio evidenzia che il livello comunale non è il livello di competenza  adeguato all’esercizio del potere  di zonizzazione delle farmacie” e, infine, con riguardo all’art. 41 perché l’attribuzione  al comune del potere regolatorio in materia di farmacia lederebbe la libertà di iniziativa economica.

L’attribuzione ai comuni della competenza di pianificazione delle farmacie nell’ipotesi in cui vi sia un possibile conflitto di interesse, non è certamente, al momento in cui si scrive,  una problematica risolta e il vaglio della Corte costituzionale resta sul punto decisivo.


Silvia Stefania Cosmo

Nata a Milano nel 1973, ha conseguito la laurea in Giurisprudenza presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano. È avvocato dal 2001 (albo degli avvocati di Milano). Dal 1998 partecipa all’insegnamento di Istituzioni di Diritto Pubblico e di diritto amministrativo presso l’Università Cattolica di Milano in qualità di cultore della materia e come guida di seminari. Dal 2000 collabora stabilmente con lo Studio Cavallaro, Duchi, Lombardo, Cosmo del quale è divenuta socia nel 2014. Nel 2020, con l’avv. Paolo Franco e l’avv. Quintino Lombardo, ha fondato HWP Health Wealth Pharma – Franco Lombardo Cosmo - Studio Legale in Milano e Roma. Il diritto amministrativo ed in particolare il diritto farmaceutico con le branche connesse sono il fulcro dell’attività professionale. È autrice di diverse pubblicazioni e di articoli in riviste di settore in ambito sanitario e farmaceutico oltre che relatore in numerosi convegni e attività di formazione. Collabora con la rivista Farma Mese
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