La Regione Emilia Romagna con provvedimento della Giunta del 13.12.2015 ha emanato direttive in ordine all’interpello ed alle assegnazioni delle sedi farmaceutiche dopo l’espletamento del concorso straordinario indetto sulla scorta del DL n. 1/2012, il cosiddetto decreto Monti.
Tra talune determinazioni ragionevoli spicca una che, invece, non lo è: aderendo all’interpretazione a suo tempo elaborata dal Ministero della Salute, infatti, la Regione Emilia Romagna sposa la tesi della contitolarità individuale delle farmacie assegnate a concorso che potranno bensì essere gestite dai contitolari che le hanno vinte quali associati a mezzo di una società di persone tra loro costituita la quale, però, non si intesterà l’esercizio bensì assumerà la veste di semplice ente gestore.
Le ragioni sostanziali di questa scelta sono facilmente comprensibili e, in sé considerate, non spregevoli: la (con)titolarità individuale fa infatti scattare il più ampio spettro di incompatibilità e consente perciò l’accesso alla titolarità al più ampio numero di farmacisti, coerentemente allo scopo perseguito dal decreto Monti.
Peccato che dal punto di vista giuridico il ragionamento non regga, tanto che anche la Regione Emilia Romagna non ha saputo fornire alcuna spiegazione attendibile della propria scelta incorrendo anzi in “perle” lessicali, quali il riferimento alla “persona fisica formata in modo plurimo”, che rivelano un evidente imbarazzo logico.
In effetti, la dimostrazione della insostenibilità della tesi della contitolarità è ricavabile da un sillogismo di chiara evidenza: l’art. 11 del DL n. 1/2012 impone ai vincitori associati una gestione paritaria della farmacia per dieci anni e quindi, implicitamente ma in modo indiscutibile, che essi gestiscano l’esercizio attraverso una società di persone nella quale rivestano un ruolo paritario.
Infatti, la gestione comune, quale imposta dalla norma ed il patrimonio comune, costituito appunto dall’azienda farmacia spettante loro in parti uguali, realizza la nozione stessa di società a termini dell’art. 2247 cod. civ.
Senonchè, acclarato che la farmacia può essere gestita dai vincitori associati soltanto attraverso una società di persone tra di loro costituita in quote paritarie e, presumibilmente, soltanto attraverso una società in nome collettivo che realizza il requisito della gestione da parte di tutti i soci, ci si deve chiedere se possa configurarsi a termini del diritto farmaceutico un soggetto o più soggetti titolari della farmacia diversi dall’ente che la gestisca.
La risposta è certamente negativa a meno di non tenere conto né dell’art. 11 della legge n. 475/1968, né del successivo art. 12, né del principio fondamentale elaborato sulla scorta di queste norme secondo cui debbono coincidere in capo al medesimo soggetto il diritto di esercizio (cioè la titolarità) e la gestione della farmacia, tanto che viene respinta unanimemente l’idea stessa che il titolare del diritto di esercizio possa affittare la farmacia ed affidarne la gestione ad un soggetto diverso.
I contitolari individuali, però, e la società di persone da essi formata, anzi necessariamente formata per quanto si è detto, sono tuttavia soggetti diversi o comunque centri di imputazione diversi ed è per questo che l’idea della contitolarità individuale non regge e dà luogo alle acrobazie lessicali di cui si è detto per giustificare ciò che non può essere giustificato.
Vi è da attendersi che il Giudice amministrativo disveli la forzatura.