Si dibatte quasi quotidianamente delle novità introdotte dalla nuova legge per il mercato e la concorrenza perché alcune prescrizioni non risultano chiare e la loro interpretazione si fa ostica.
Tuttavia non può sottacersi che se qualche certezza c’è già, non è affatto negativa. Mi riferisco, per esempio, alla soppressione dei requisiti soggettivi per la partecipazione alle società, siano esse di persone o di capitale, che gestiscono le farmacie; soppressione che per certi versi è stata opportunamente criticata ma che per altri potrebbe offrire soluzioni per consentire la conservazione della farmacia nel patrimonio familiare.
Più in dettaglio. La nuova legge ha modificato radicalmente il comma 2 dell’art. 7 L. 362/1991 rubricato “titolarità e gestione della farmacia” che, nella versione attuale, non prescrive più che i soci della società siano farmacisti iscritti all’albo in possesso del requisito della idoneità previsto dalla L. n. 475/1968 né che la direzione della farmacia gestita dalla società sia affidata ad uno dei soci che ne è responsabile.
La nuova formulazione del comma 2 si occupa delle incompatibilità lasciando al successivo comma 3 il compito di precisare che la direzione della farmacia gestita dalla società dovrà essere affidata ad “un” farmacista in possesso dell’idoneità.
In buona sostanza la società di gestione della farmacia potrà essere composta da soggetti che non sono farmacisti iscritti all’albo e neppure idonei purché la direzione della stessa sia affidata ad un farmacista che, invece, sia in possesso dei predetti requisiti.
Ebbene, la norma così modificata consentirà di superare alcune delle criticità che hanno da sempre impegnato gli addetti ai lavori per garantire il subentro generazionale nella conduzione della farmacia di famiglia da parte dei soggetti privi dei requisiti richiesti dalla legge.
Mi riferisco all’impossibilità del trasferimento della farmacia dal titolare al figlio non farmacista o ai problemi relativi alla coesistenza di figli farmacisti e non farmacisti ed alla inevitabile cessione dell’azienda a quello “titolato”, con le ovvie difficoltà nel garantire una eguale partecipazione alla divisione dei beni familiari in favore di quello non farmacista.
Che dire poi della prematura o inaspettata scomparsa del titolare o del socio in presenza di eredi privi, per età o per diverse scelte di vita, dei requisiti per subentrare, trascorso il periodo di gestione ereditaria, nell’esercizio della farmacia.
Come noto, il favore del legislatore è progressivamente diminuito prevedendo termini sempre più ridotti per consentire di mantenere la farmacia nel patrimonio familiare: nel 1991 al coniuge o ai figli era consentito di derogare al termine triennale di cessione della partecipazione della quota societaria ereditata nel caso venissero meno i requisiti di legge, prevedendo che il predetto termine fosse differito al compimento del trentesimo anno di età dell’erede ovvero, se successivo, al termine di dieci anni dalla data di acquisizione della partecipazione; nel 2012 la norma citata ha previsto il più ristretto termine di sei mesi dalla presentazione della dichiarazione di successione per ottemperare all’obbligo di cedere la quota di partecipazione societaria.
Le difficoltà di mantenere la farmacia nel patrimonio familiare hanno dunque spinto i giuristi nel corso degli anni a individuare soluzioni contrattuali di natura fiduciaria che non sempre hanno risposto alle aspettative “emotive” dei firmatari: la farmacia di famiglia veniva a malincuore ceduta fiduciariamente e, altrettanto malvolentieri il nuovo intestatario ne gestiva le sorti con la consapevolezza che l’azienda sarebbe dovuta ritornare al vecchio proprietario nonostante tutta la fatica per conservane e, a volte, incrementarne il valore.
Da qui, la diffusione di patti condizionati al ri-trasferimento della farmacia, il ricorso al trust, ad intestazioni fiduciarie di varia tipologia o all’uso falsato del contratto di associazione in partecipazione.
La nuova prescrizione normativa, sopprimendo i requisiti di natura soggettiva dei soci, invece richiesti per la direzione tecnica riservata ad un farmacista idoneo, consente a coloro che ne sono privi – siano essi figli, coniugi o nipoti o in generale eredi non farmacisti – di ricorrere allo strumento della società in nome collettivo (s.n.c.), in accomandita semplice (s.a.s) oppure ancora della società a responsabilità limitata (s.r.l.) o per azioni (s.p.a.) per conservare l’azienda di famiglia altrimenti destinata ad uscire dal patrimonio.