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La Corte Costituzionale fa il punto sulla liberalizzazione degli orari di apertura

Francesco Cavallaro
Francesco Cavallaro
La Corte Costituzionale fa il punto sulla liberalizzazione degli orari di apertura


Con la sentenza n. 299 dell’11-19.12.2012 la Corte Costituzionale ha stabilito che la piena liberalizzazione degli orari e dei giorni di apertura delle attività commerciali, introdotta dall’art. 31 del decreto legge n. 201/2011, è conforme ai principi costituzionali in quanto la tutela della concorrenza rientra nella competenza legislativa dello Stato.

La decisione, pur non riguardando direttamente le farmacie, è conforme alla nozione comunitaria della concorrenza ed alla convinzione che l’ampliamento dell’area di libera scelta dei cittadini e delle imprese favorisca lo sviluppo economico generale.

Chi ha avuto bisogno di un medicinale nei giorni festivi del periodo natalizio ha potuto constatare che non era necessario rivolgersi alle farmacie di turno, dal momento che un buon numero di farmacie non di turno erano ugualmente aperte, e contribuivano con le croci e le vetrine allo scintillio delle strade commerciali.

Tutto in regola: l’art. 11, comma 8, del D.L. 1/2012 dispone infatti che “i turni e gli orari di farmacia stabiliti dalle autorità competenti in base alla vigente normativa non impediscono l’apertura della farmacia in orari diversi da quelli obbligatori”.

Tale disposizione si pone nel solco dell’art. 31 del D.L. 201/2011, che ha disposto  la completa liberalizzazione  degli orari e dei giorni di apertura degli esercizi commerciali, che molte regioni hanno impugnato ricorrendo alla Corte Costituzionale, in quanto l’hanno ritenuta invasiva dalle loro competenze in materia di commercio.

Con la sentenza n. 299 dell’11-19.12.2012 la Corte ha respinto i ricorsi, sulla base di considerazioni che pur non interferendo direttamente sulla disciplina delle farmacie – la quale rientra nell’ambito della tutela della salute – sono senza dubbio di interesse generale, in quanto nessun settore di attività può considerarsi, secondo i principi di derivazione europea, completamente al di fuori della applicazione delle norme che tutelano la concorrenza.

Secondo tale sentenza la nozione di concorrenza di cui all’art. 117 Cost. riflette quella operante in ambito comunitario e comprende: a) sia gli interventi regolatori che incidono sulla concorrenza, quali le misure di tutela in senso proprio, intese a contrastare gli atti ed i comportamenti delle imprese che incidono negativamente sull’assetto concorrenziale dei mercati; b) sia le misure di promozione, che mirano ad aprire un mercato o a consolidarne l’apertura, eliminando barriere all’entrata, riducendo o eliminando vincoli al libero esplicarsi della capacità imprenditoriale e della competizione tra imprese.

Si tratta della promozione della concorrenza, che costituisce  una delle leve della politica economica statale e, pertanto, non può essere intesa soltanto in senso statico, come garanzia di interventi  di regolazione e ripristino di un equilibrio perduto, ma anche in una accezione dinamica che giustifica misure pubbliche volte a ridurre squilibri, a favorire le condizioni di un sufficiente sviluppo del mercato o ad instaurare assetti concorrenziali.

La materia “tutela della concorrenza” è configurabile  come “trasversale”, cioè corrispondente ai mercati di riferimento delle attività economiche, e pertanto ricomprende le misure dirette a promuovere l’apertura di mercati, mediante la riduzione o l’eliminazione dei vincoli al libero esplicarsi della capacità imprenditoriale e alle modalità di esercizio delle attività economiche, sicché il legislatore statale può intervenire anche nella disciplina degli orari degli esercizi commerciali che, per ciò che riguarda la configurazione “statica”, rientra nella materia del commercio attribuita alla competenza legislativa delle Regioni.

Secondo la sentenza la liberalizzazione degli orari e dei giorni di apertura  è da intendersi come razionalizzazione della regolazione e costituisce uno degli strumenti di promozione della concorrenza capace di produrre effetti virtuosi per il circuito economico, permettendo ad un maggior numero di operatori economici di competere, valorizzando le proprie risorse e competenze.

Una regolazione delle attività economiche ingiustificatamente intrusiva – cioè non necessaria e sproporzionata rispetto alla tutela  di beni costituzionalmente protetti – genera inutili  ostacoli alle dinamiche economiche, a detrimento degli interessi  degli operatori economici, dei consumatori e degli stessi lavoratori e, dunque, in definitiva reca danno alla comunità. L’eliminazione degli inutili oneri regolamentari, mantenendo però quelli necessari alla tutela di superiori valori costituzionali, è funzionale alla tutela della concorrenza e rientra a questo titolo nelle competenze del legislatore statale.

Per quanto infine si riferisce alla tutela dei lavoratori la Corte sottolinea che la liberalizzazione degli orari non consente alcuna deroga né rispetto alle leggi né rispetto alla contrattazione collettiva in materia di lavoro notturno e festivo, turni di riposo ed ogni altra protezione ai lavoratori del commercio.

Al di là degli aspetti tecnici – dove passi con precisione il confine tra le materie di competenza legislativa statale e quella di competenza regionale  non è facile stabilire – la sentenza indica con chiarezza uno dei principi che in questo momento storico vengono considerati come stelle polari alle quali le autorità – e dunque in primo luogo i legislatori – ritengono di doversi affidare: garantire la libertà di impresa nell’ambito di un mercato pienamente concorrenziale.

Come tale mercato debba venir regolato è questione che rimane nell’ombra: ma questo sarebbe un altro discorso.


Francesco Cavallaro

Nato a Roma nel 1943, ha conseguito la laurea in Giurisprudenza presso l’Università degli Studi “La Sapienza” di Roma nel 1965. È avvocato dal 1969 (albo degli avvocati di Milano) e svolge l’attività professionale occupandosi principalmente degli aspetti giuridici della produzione e della distribuzione dei medicinali. Dal 1970 al 1980 ha curato la redazione di una rivista giuridica specializzata nel settore. Insieme con l’avv. Claudio Duchi ha pubblicato due raccolte di leggi in materia farmaceutica e, sempre con l’avv. Claudio Duchi, il commentario “Il riordino del settore farmaceutico”(Pirola, 1991). Ha partecipato a iniziative di formazione per laureati presso le Università di Milano e di Palermo.
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