Iusfarma

L'osservatorio di Diritto Farmaceutico

Il rebus dell’accompagnamento all’automedicazione

Francesco Cavallaro
Francesco Cavallaro
Il rebus dell’accompagnamento all’automedicazione


Il decreto legislativo 28.1.2016 n. 15 ha modificato ed aggiornato in molti punti il decreto legislativo 9.11.2007 n. 206, che all’art. 51 elenca le attività professionali del farmacista, prevedendo tra l’altro l’inserimento di una lettera g-ter: “accompagnamento personalizzato dei pazienti che praticano l’automedicazione”.

È difficile immaginare che la nuova norma si riferisca alla assistenza costituita dall’offrire un bicchiere d’acqua a chi desidera assumere una pillola, o alla disinfezione del ginocchio di un bambino caduto dalla bicicletta prima dell’applicazione di un cerotto medicato; si tratta presumibilmente di qualcosa di meno banale, e cioè dell’attività di guida delle persone che desiderano sottoporsi ad accertamenti analitici di prima istanza, e dunque tale accompagnamento rientra più nell’ambito dell’autocontrollo che in quello dell’automedicazione.

La questione non è però meramente lessicale.

Fino ad oggi nessuno ha dubitato della eseguibilità in farmacia di tutti gli accertamenti che possono essere svolti a domicilio, acquistando o noleggiando le apparecchiature necessarie, come ad esempio i misuratori della pressione sanguigna o l’analisi del sangue capillare; le persone più anziane o inesperte possono aver bisogno di assistenza nell’uso di tali apparecchiature, ma tale assistenza è consentita a tutti – farmacisti ovviamente compresi – in quanto non presuppone alcuna preparazione o qualifica professionale.

La nuova disposizione, inserendo il cosiddetto “accompagnamento personalizzato” tra le attività del farmacista, la riserva a chi esercita tale professione?

Si direbbe di si, poiché esso viene inserito nell’elenco delle attività riservate al farmacista, non diversamente dalla “preparazione della forma farmaceutica dei medicinali” o dalla “fabbricazione e controllo dei medicinali”; con la (inevitabile) conseguenza che se ad “accompagnare” il paziente ad una forma di autocontrollo sia un non farmacista, questi eserciterebbe abusivamente – almeno in teoria – la professione farmaceutica.

L’intenzione era probabilmente diversa: inserendo l’accompagnamento del quale si discorre tra le attività proprie del farmacista si è voluta legittimare la crescente partecipazione del farmacista ai “nuovi servizi” di cui alla legge n. 69/2009 ed al D.L.vo 153/2009, con particolare riferimento alla “effettuazione, presso le farmacie (…) di prestazioni analitiche di prima istanza rientranti nei limiti dell’autocontrollo (…) restando in ogni caso esclusa la attività di prescrizione e diagnosi, nonché il prelievo di sangue o di plasma mediante siringhe o dispositivi equivalenti”.

Sorvolando sull’improbabile prelievo di plasma, sta di fatto che il DM 16.12.2010, nel disciplinare i limiti e le condizioni delle prestazioni analitiche di prima istanza, prevede che i test autodiagnostici eseguiti in farmacia “possono essere utilizzati mediante il supporto di un operatore sanitario” quando si tratti di soggetti fragili o non del tutto autosufficienti.

In breve: a casa il paziente che ne abbia la necessità può farsi aiutare da chiunque; in farmacia il paziente deve invece farsi aiutare da una persona qualificata.

Sennonché in farmacia non è frequente che siano presenti operatori sanitari diversi dai farmacisti, ai quali non è consentito partecipare o collaborare alle attività diagnostiche, sia per non invadere il campo riservato ai medici, sia in quanto è almeno dubbio che il riferimento all’operatore sanitario di cui al DM 16.12.2010 ricomprenda il farmacista.

Per chiudere il cerchio si è dunque pensato di integrare l’art. 51 – cioè l’elenco delle attività proprie del farmacista – con l’“accompagnamento personalizzato dei pazienti che praticano l’automedicazione”, ma l’impressione è che siano stati fatti un passo avanti e due indietro, anzitutto in quanto non era affatto necessario, trattandosi di una attività – l’autoanalisi – che chiunque può praticare con o senza l’aiuto di chiunque altro, sia in quanto ingenera il dubbio che tale “accompagnamento” costituisca un’attività riservata al farmacista, e perciò preclusa a tutti gli altri.


Francesco Cavallaro

Nato a Roma nel 1943, ha conseguito la laurea in Giurisprudenza presso l’Università degli Studi “La Sapienza” di Roma nel 1965. È avvocato dal 1969 (albo degli avvocati di Milano) e svolge l’attività professionale occupandosi principalmente degli aspetti giuridici della produzione e della distribuzione dei medicinali. Dal 1970 al 1980 ha curato la redazione di una rivista giuridica specializzata nel settore. Insieme con l’avv. Claudio Duchi ha pubblicato due raccolte di leggi in materia farmaceutica e, sempre con l’avv. Claudio Duchi, il commentario “Il riordino del settore farmaceutico”(Pirola, 1991). Ha partecipato a iniziative di formazione per laureati presso le Università di Milano e di Palermo.
Quest'opera è distribuita con licenza Creative Commons Attribuzione - Non commerciale - Non opere derivate 3.0 Italia.