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Farmacia grossista, il TAR Lazio “smonta” la nota ministeriale

Quintino Lombardo
Quintino Lombardo
Farmacia grossista, il TAR Lazio “smonta” la nota ministeriale


Nell’estate del 2015 l’ASL di Mantova formulava un quesito alla Regione Lombardia, da quest’ultima subito trasmesso alla competente Direzione generale del Ministero della salute, per sapere se fosse legittimo:

a) «da parte della società SNC acquistare i medicinali da altri grossisti attraverso la farmacia e successivamente trasferirli con un documento di trasporto interno al grossista della medesima società SNC»;

b) «che la SNC utilizzi un DDT interno per trasferire i farmaci dalla farmacia al grossista e successivamente un documento di reso in ingresso per adempiere all’obbligo dei flussi ministeriali».

L’ASL di Mantova, insomma, dubitava della legittimità di quella prassi che vede talvolta le farmacie grossiste acquistare medicinali con il codice univoco della farmacia, ottenerne consegna presso il magazzino di quest’ultima e poi trasferirli, con un documento di trasporto interno (DDT), dal magazzino della farmacia a quello separato di grossista per la successiva vendita ad altre farmacie o ad altro grossista nel rispetto della normativa di settore; il tutto, al fine di spuntare migliori condizioni commerciali e una più solida continuità di forniture da parte delle industrie.

Con Nota prot. n. 46884-P del 2 ottobre 2015, nel fornire alla ASL di Mantova i chiarimenti richiesti, il Ministero della salute – Direzione generale dei dispositivi medici e del servizio farmaceutico aveva richiamato in premessa le norme che disciplinano l’attività di vendita all’ingrosso dei medicinali da parte della farmacia.

Le premesse di tale Nota erano dunque incontestabili: «le norme che disciplinano l’esercizio di farmacia sono diverse da quelle che disciplinano l’attività di distribuzione all’ingrosso dei medicinali»; «le due attività sopraddette, anche se svolte da una medesima persona, debbono essere assolutamente separate tra di loro»; «i grossisti non possono vendere i medicinali che alle farmacie regolarmente autorizzate all’esercizio nonché a persone, società enti che possiedono essi stessi l’autorizzazione alla distribuzione, ovvero sono autorizzati o abilitati ad latro titolo ad approvvigionarsi di medicinali».

Meno condivisibili invece – e da qui la discussione – le conclusioni del Ministero, tutte in senso negativo alla prassi:

a) «i medicinali acquistati dalla farmacia, utilizzando il codice univoco della farmacia, debbono essere conservati nei magazzini annessi alla farmacia, quali risultano dall’autorizzazione all’esercizio di farmacia, e non possono che essere venduti al pubblico, in quanto destinati all’esercizio di farmacia»;

b) «la farmacia in quanto tale è deputata all’erogazione dell’assistenza farmaceutica e non può svolgere attività di distribuzione all’ingrosso di medicinali, anche se il suo titolare possiede l’autorizzazione all’esercizio di detta attività»;

c) «il passaggio di medicinali dal distributore al titolare di farmacia, ancorché le due figure coincidano in un’unica persona, deve risultare formalmente attraverso l’uso dei distinti codici identificativi che tracciano il cambiamento del titolo di possesso»,

d) «detti medicinali (…) anche fisicamente debbono confluire nel magazzino della farmacia e non possono, una volta avvenuto il passaggio dal distributore al farmacista, rimanere nei magazzini del distributore, ma debbono essere conservati nel magazzino annesso alla farmacia acquirente, che deve venderli solo ed esclusivamente al pubblico e non ad altro distributore e/o farmacia»;

e) «pertanto, in nessun caso il deposito può approvvigionarsi di medicinali dalla farmacia e l’unico movimento previsto dalla farmacia al grossista è la restituzione, che avviene a fronte di errori di fornitura o rientri dal cliente».

Con le sentenze da n. 11238 a n. 11242 pubblicate l’11 novembre 2016, il TAR Lazio – Roma, sezione Terza Quater, ha completamente “smontato” la suddetta argomentazione, confermando l’orientamento espresso in fase cautelare e ritenendo che “il predetto “parere” ministeriale esponga una conclusione in palese contrasto col quadro normativo vigente.

Anche la sentenza riprende per prima cosa i capisaldi della normativa, rilevando che “non è controversa tra le parti la legittimità dell’esercizio, da parte del medesimo farmacista, rispettivamente dell’attività di grossista e di farmacia per uso umano con separati codici identificativi”, né la ricostruzione del quadro normativo generale operata nell’atto ministeriale, ma evidenziando come il punto controverso rimanga “la generale affermazione ministeriale, sopra esemplificata con la lettera e), per cui «in nessun caso il deposito può approvvigionarsi di medicinali dalla farmacia e l’unico movimento previsto dalla farmacia al grossista è la restituzione, che avviene a fronte di errori di fornitura o rientri dal cliente»”.

Sull’erroneità di quest’ultima asserzione, i Giudici amministrativi sono inequivocabili: “Le amministrazioni centrale e locale hanno tratto con necessità, da premesse conformi a legge, una conclusione non necessaria”.

“Infatti, non si rinviene – né la allegano le parti pubbliche – una norma che impedisca al medesimo farmacista passaggi “interni” (c.d. “logistici”, nei limiti in cui essi siano gratuiti e non riconducibili a ipotesi di compravendita), tracciati tramite DDT, di medicinali dal magazzino della farmacia al magazzino del grossista, entrambi gestiti dallo stesso professionista.

Né tanto meno un divieto in tal senso – che con riguardo alla tracciabilità e alla distribuzione dei medicinali non si può in linea generale assumere implicito o “sistemico” – si può ricavare dal complessivo assetto della materia, in ragione di un affermato effetto di abbassamento delle tutele in punto di tracciabilità dei farmaci e di garanzia della somministrazione agli utenti in tempo reale di tutti i medicinali autorizzati in Italia da parte delle farmacie.

Posto che, certamente, l’assetto deprecato dal Ministero della salute non determina l’insorgenza di un tertium genus di operatore (il c.d. farmacista/grossista), ma semmai realizza uno dei possibili effetti dell’esplicita previsione dell’art. 100, comma 1-bis, cit., neppure appaiono rilevanti le controindicazioni meramente fattuali opposte dall’amministrazione.

Quanto al primo importante aspetto (l’esigenza di tracciare i flussi dei farmaci anche tra magazzini di strutture gestite da un unico professionista), a ben guardare esso è sempre stato e rimane nella disponibilità risolutiva della stessa amministrazione pubblica che, da subito (la norma in questione è stata inserita nell’ordinamento nel 2007), avrebbe potuto predisporre accorgimenti operativi (ad esempio informatici) volti a garantire la trasparenza di tutti i passaggi che la legge consente, così realizzando pienamente il sistema tracciato dagli art. 100 e 104 cit. ed evitando di condizionarne la portata normativa attraverso gli esiti della mancata adozione di soluzioni fattuali.

Quanto al secondo aspetto (la tempestività e completezza del servizio farmaceutico all’utenza), se resta indimostrata sul piano asseverativo di questo processo l’esistenza di un effetto d’inefficienza del sistema farmaceutico collegato causalmente, con riguardo ad un paventato deficit di disponibilità di farmaci da parte della farmacia gestita dal medesimo professionista grossista, all’applicazione normativa in discussione, è altresì vero che permane in capo al farmacista tutto il complesso di obblighi volto a garantire la disponibilità immediata e completa dei farmaci autorizzati in Italia.

Un chiaro sintomo dell’inesistenza di un divieto all’attività in questione è infine ricavabile anche dalla risposta ministeriale a quesito fornita sulla scorta delle linee guida del dicembre 2014 emanate dal Ministero della salute – Direzione generale della digitalizzazione, del sistema informativo sanitario e della statistica, nella quale si prevedeva proprio la tracciabilità dei «medicinali che vengono trasferiti dal sito logistico della farmacia al sito logistico grossista (associati alla stessa partita IVA) », in tal modo dando conto della liceità dei trasferimenti successivamente considerati illegittimi”.

In coerenza con quanto sopra, dunque, il Collegio ha ritenuto che la nota ministeriale in oggetto – con gli atti regionali ne davano “comunicazione” –  non abbia alcuna consistenza provvedimentale, “né alcuna efficacia vincolante o prescrittiva sia per i soggetti pubblici sia per gli operatori privati coinvolti, efficacia che, a diversamente opinare, si porrebbe in contrasto con le norme appena esaminate”.

La sentenza è certo destinata a far discutere ancora, ma consolida ulteriormente le difese dei farmacisti grossisti che nei mesi scorsi avessero subito ispezioni, contestazioni e magari sanzioni con riferimento alla prassi in questione: non solo sotto il profilo soggettivo (una prassi largamente seguita e alla luce del sole era stata qualificata ex abrupto come illegale e oggi il Giudice amministrativo ha ritenuto diversamente), ma anche dal lato oggettivo dell’individuazione della corretta applicazione delle norme, fermo restando ovviamente il diverso esito dell’eventuale appello al Consiglio di Stato e il contenuto di interventi correttivi da parte del legislatore che tuttavia, per ciò che riguarda la qualificazione d’illecito, potranno valere unicamente per il futuro.


Quintino Lombardo

Quintino Lombardo ha conseguito la laurea in Giurisprudenza cum laude presso l’Università degli Studi “La Sapienza” di Roma nel 1992, quale alunno borsista del Collegio Universitario “Lamaro Pozzani” della Federazione Nazionale dei Cavalieri del lavoro. È avvocato dal 1995 e da subito ha indirizzato la propria attività professionale nell’ambito del diritto delle farmacie, della sanità pubblica e privata, dei prodotti farmaceutici e parafarmaceutici. Nel 2003 è entrato in Cavallaro, Duchi, Lombardo, Cosmo – Studio Legale in Milano e Roma. Nel 2020, con l’avv. Paolo Franco e l’avv. Silvia Stefania Cosmo, ha fondato HWP Health Wealth Pharma – Franco Lombardo Cosmo - Studio Legale in Milano e Roma. È autore di numerosi interventi sulla stampa specializzata del settore farmaceutico. Ha pubblicato “La nuova farmacia del Decreto Monti – Guida alla riforma del servizio farmaceutico” (Tecniche Nuove, 2012), “Il passaggio della farmacia - Di padre in figlio e non solo” (Puntoeffe editore, 2010). Collabora stabilmente con la rivista iFARMA (iFARMA Editore – Gruppo Proedi, Milano).
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