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Commercio all’ingrosso del titolare di farmacia: non è punibile se svolto prima della sentenza della Corte di Giustizia Europea del 2012

Francesco Cavallaro
Francesco Cavallaro
Commercio all’ingrosso del titolare di farmacia: non è punibile se svolto prima della sentenza della Corte di Giustizia Europea del 2012


Una sentenza chiarificatrice

In estrema sintesi secondo la sentenza:

  • la normativa europea, cioè la direttiva 2001/83/CE era ambigua, nel senso che prevedeva la necessità di una autorizzazione per l’esercizio del commercio all’ingrosso dei medicinali, ma sembrava esonerare i farmacisti da tale autorizzazione; solo con la sentenza della Corte di Giustizia del 28.6.2012 è stato chiarito che anche i farmacisti debbono munirsi di tale autorizzazione;
  • la normativa italiana, per effetto di due successive modifiche dell’art. 100 del D.L.vo 219/06, era confusa, in quanto nella sua ultima stesura (2007) consentiva di ritenere che il vincolo imposto ai farmacisti (il “rispetto delle disposizioni del presente titolo”) si riferisse agli adempimenti organizzativi, e non alla esigenza di ottenere una autorizzazione per l’esercizio del commercio all’ingrosso;
  • in definitiva la normativa vigente fino alla sentenza della Corte di Giustizia del 28.6.2012 consentiva di ritenere che il commercio all’ingrosso dei medicinali potesse essere praticato dai farmacisti senza la necessità di una specifica autorizzazione; di conseguenza chi lo abbia praticato prima di tale decisione non può essere considerato responsabile del reato di cui all’art. 147 del D.L.vo 219/06.

La motivazione della sentenza, di esemplare chiarezza, merita di essere riprodotta per esteso.

A è titolare della farmacia B del Comune di C e in tale qualità, il fatto è pacifico, ha effettuato la distribuzione all’ingrosso di medicinali negli anni dal 2009 al 2011, senza avere l’autorizzazione prevista dall’art. 100 del D.L.vo 216/06. Accusata di avere violato l’art. 147 dello stesso decreto, che sanziona la distribuzione di medicinali all’ingrosso senza la prescritta autorizzazione, è stata condannata dal Tribunale di D alla pena di mesi 4 di arresto ed € 6.000 di ammenda. Interponeva appello l’imputata chiedendo l’assoluzione.

Per meglio comprendere le ragioni dell’appello, giova precisare che la pronuncia è maturata dopo la decisione della Corte di Giustizia dell’Unione Europea 28.6.2012, sollecitata dal Tribunale di Palermo in una controversia analoga alla presente. Il giudice comunitario è stato investito del quesito relativo alla necessità o meno dell’autorizzazione a distribuire farmaci all’ingrosso da parte dei farmacisti, secondo la normativa europea in materia. La direttiva comunitaria infatti da una parte impone al legislatore nazionale di disciplinare un’autorizzazione per coloro che intendono esercitare l’attività di grossista di medicinali, dall’altra segnala l’opportunità di esentare da tale regime autorizzatorio i farmacisti. La direttiva in questione è stata attuata nell’ordinamento nazionale dal D.L.vo 219/2006, il quale originariamente, all’art. 100 c. 2, inibiva i farmacisti la distribuzione all’ingrosso. Successivamente, con decreto legge 223/2006, è stata abrogata la norma in questione, è successivamente, con D.L.vo 274/2007, è stato inserito nell’art. 100 dell’originario decreto un comma 1bis che recita testualmente: “i farmacisti e le società di farmacisti…..possono svolgere attività di distribuzione all’ingrosso di medicinali, nel rispetto delle disposizioni del presente titolo”.

Questo il quadro normativo valutato dal giudice comunitario, che ha concluso affermando l’obbligatorietà, per il farmacista italiano, dell’autorizzazione della distribuzione di farmaci all’ingrosso qualora intenda svolgere anche tale attività. Sulla base di questa affermazione, il primo giudice ha condannato l’imputata perché svolgeva pacificamente l’attività di grossista di medicinali senza la prescritta autorizzazione, doverosa alla luce della decisione del giudice comunitario, in violazione dell’art. 147 del D.L.vo 219/2006, che appunto sanziona l’esercizio dell’attività in questione senza autorizzazione.

Tuttavia il primo giudice ha omesso di valutare un aspetto peculiare dell’efficacia della normativa e delle decisioni giudiziarie comunitarie: la loro inidoneità ad aggravare o creare la responsabilità penale di un soggetto a causa dell’interpretazione di una direttiva europea, senza una legge nazionale. E la decisione in questione opportunamente richiama il principio. Ne consegue che l’interpretazione del giudice comunitario non può retroagire quando assume rilievo ai fini di determinare la responsabilità penale di un soggetto.

Nel caso di specie la violazione dell’obbligo dell’autorizzazione è sanzionata da una norma penale nazionale preesistente alla pronuncia del giudice comunitario, ma si tratta di una disposizione che non fa espresso riferimento ai farmacisti, come significativamente segnala la stessa sentenza comunitaria, demandando espressamente al giudice nazionale l’interpretazione dei limiti e dell’estensione della norma penale in questione, vale a dire se essa debba o meno applicarsi ai farmacisti. Dunque dalla sola decisione comunitaria non può inferirsi la colpevolezza dell’imputata, come ha erroneamente fatto il primo giudice.

Ciò premesso appare ben fondata la domanda principale, ove si consideri che, prima della dirimente decisione interpretativa del giudice comunitario, non fosse così pacifico l’obbligo dell’autorizzazione per i farmacisti intenzionati a fare i grossisti di medicine. Come abbiamo visto, originariamente, era addirittura inibita al farmacista l’attività di grossista.
Dopo, la norma che stabiliva l’incompatibilità è stata semplicemente abrogata, il che ha consentito ai farmacisti l’attività alle stesse condizioni valide per la generalità dei soggetti (ivi compreso l’obbligo della preventiva autorizzazione), vista l’assenza di specifiche disposizioni per la categoria. Ancora successivamente invece, con il D.L.vo 274/2007, è stata inserita una norma specifica per la categoria dei farmacisti, il comma 1bis dell’art. 100, che espressamente li facoltizza a fare i grossisti “nel rispetto delle disposizioni del presente titolo”.

Ora, il richiamo alle altre disposizioni è chiaro ed opportuno, se riferito alle modalità organizzative dell’attività, quali la tenuta, di speciali registri e il rispetto delle disposizioni sulla conservazione delle merci, trattandosi di un’attività diversa che si affianca a quella ordinaria di vendita al minuto dei farmaci, attività quest’ultima soggetta ad altre regole. Meno pacifico appare l’eventuale riferimento all’obbligo della preventiva autorizzazione, perché come si è detto, quello scopo era già stato realizzato attraverso la semplice abrogazione dell’incompatibilità tra grossista di farmaci e farmacista, abrogazione che naturalmente assoggettava i farmacisti alle stesse regole valide per gli altri soggetti intenzionati a svolgere quella attività.

Invece, la creazione di una disposizione speciale per i farmacisti (il comma 1bis dell’art. 100), collocata subito dopo la norma che prescrive l’obbligo generale dell’autorizzazione (c. 1 dell’art. 100), sembra configurare una deroga della prima alla regola generale stabilita dalla seconda disposizione.

Nel caso di specie i fatti oggetto del giudizio, costituenti esercizio dell’attività di grossista di farmaci, sono stati compiuti solo nella vigenza di questo regime, ed è assai indicativo il fatto che numerosi processi per fatti analoghi avvenuti nel periodo sono stati archiviati o sono terminati con il proscioglimento, proprio sul presupposto della non necessarietà di una autorizzazione per i farmacisti che esercitavano attività di grossisti. Questa interpretazione era plausibile, prima della decisione del giudice comunitario, e ciò impone l’assoluzione dell’imputata dal reato ascritto perché il fatto non costituisce reato, in riforma dell’impugnata sentenza.


Francesco Cavallaro

Nato a Roma nel 1943, ha conseguito la laurea in Giurisprudenza presso l’Università degli Studi “La Sapienza” di Roma nel 1965. È avvocato dal 1969 (albo degli avvocati di Milano) e svolge l’attività professionale occupandosi principalmente degli aspetti giuridici della produzione e della distribuzione dei medicinali. Dal 1970 al 1980 ha curato la redazione di una rivista giuridica specializzata nel settore. Insieme con l’avv. Claudio Duchi ha pubblicato due raccolte di leggi in materia farmaceutica e, sempre con l’avv. Claudio Duchi, il commentario “Il riordino del settore farmaceutico”(Pirola, 1991). Ha partecipato a iniziative di formazione per laureati presso le Università di Milano e di Palermo.
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